domenica 12 ottobre 2008

Come cambia la vita vissuta in bicicletta!

Bicipensiero del giorno
"La bicicletta modifica il tempo, ma anche lo spazio. Rifate in macchina un tragitto particolarmente bello in bicicletta. Fa schifo, e' come se fosse un altro posto: si e' impoverito"Didier Tronchet, giornalista, ciclosofo, Francia

La bici come estrema filosofiadi vita.

In bilico senza freni né cambi È la nuova bici-filosofia
Si chiama ruota fissa. Da mezzo alternativo a mania giovanile
MILANO - Girare per la città a bordo di una bicicletta che pesa meno di dieci chili, senza freni, o al massimo con quello anteriore, senza cambio, senza mai smettere di pedalare, soprattutto mai a vuoto, e senza mai mettere i piedi in terra, sembra una cosa da aspiranti suicidi. Invece è una filosofia di vita. Si chiama «bicicletta a ruota fissa» ed è l' ultima frontiera della bici estrema per uso urbano. Gli appassionati aumentano anche se non è ancora prodotta in serie. Ce la si costruisce da soli utilizzando telai di vecchie due ruote o la si fa assemblare e personalizzare in officine specializzate spendendo da mille euro in su. Negli Stati Uniti, patria delle «fixed gear», il fenomeno sta assumendo dimensioni tali che il New York Times ha dedicato un ampio reportage a queste curiose biciclette che dribblano il traffico della Grande Mela con disinvolto snobismo. E in Giappone, fiutato il business, la Nike ne ha fatto una campagna pubblicitaria. In Italia, i primi esemplari di ruota fissa hanno iniziato a circolare qualche anno fa all' interno del movimento Massa Critica, i ciclisti antagonisti che periodicamente, per una notte, occupano le strade delle principali città. È un mezzo controrivoluzionario, il risultato della «decostruzione di bici», come si legge sul sito Internet movimentofisso.it, punto d' incontro e riflessione per i cultori del genere. Mentre rotafixa, forum on line dedicato all' argomento, spiega che «la pedalata a rapporto fisso rende il ciclista perfettamente solidale con il suo mezzo». In realtà la bicicletta a ruota fissa non è una novità. Piuttosto, è l' evoluzione metropolitana delle bici da pista, quelle utilizzate nei velodromi dove, appunto, i freni sono superflui. I primi modelli sono stati costruiti più di cent' anni fa, ma è solo negli anni ' 80 che la ruota fissa esce dal contesto sportivo per iniziare a correre sulle strade cittadine. Succede a New York con i primi pony express a pedali. Sono per lo più immigrati caraibici e giovani squatter di case occupate a consegnare pacchi e buste a Manhattan come a Brooklyn. Vanno in bici con uno stile particolare che ricorda quello dei pistard dei velodromi e si costruiscono da soli i loro mezzi. Li vogliono leggeri e veloci, utilizzano telai di vecchie biciclette a cui tolgono tutto ciò che ritengono superfluo per alleggerirne il peso. L' essenzialità del mezzo è tutto. Nel tempo, quella dei «bike messenger» è diventata una vera e propria cultura di strada come ben racconta Culley Hugh Travis nel libro Il messaggero, bibbia della ruota fissa. Non sono poche le analogie con il surf e lo skateboard. Movimenti di nicchia, con un loro linguaggio, codice e abbigliamento poi trasformati in industria. Lo stesso sta accadendo con le «fixed gear». Black Label, la principale associazione americana di appassionati di ruota fissa che ogni anno organizza un campionato mondiale, ha ricevuto diverse offerte da importanti sponsor. Per ora rifiutate. Perché chi va in ruota fissa, cosa non per tutti perché ci vuole un discreto allenamento per evitare di schiantarsi contro un autobus, si sente parte di un élite, di una controcultura, appunto, che si ribella ai fronzoli e ai lussi della società, in questo caso rappresentati da mountain e city bike, per non parlare di certi costosissimi cicli con manubrio in radica e borse laterali in vera pelle. Il ciclista a ruota fissa ha un rapporto quasi Zen con il mezzo, con tanto di decalogo che spazia dal surplace della filosofia pura («muoviti leggero, non fare male, non avere paura»), alle questioni pratiche («Portati appresso un kit per riparare le forature»). L' importante è non mettere mai i piedi a terra. * * * 1980 I primi modelli di biciclette a «ruota fissa» risalgono alla fine dell' Ottocento. Si trattava di cicli usati solo nei velodromi per le competizioni. Il loro uso metropolitano è iniziato negli anni 80
Rizzo Roberto