lunedì 22 dicembre 2014

Camp Bike Team alla Randonnée del Solstizio d'inverno

20 Dicembre 2014, 07.00
Paitone Garda
Cicloturismo

Camp Bike Team alla Randonnée del Solstizio d'inverno

di Redazione
Ci saranno anche due ciclisti amatori del sodalizio di Paitone alla partenza da Arco questo sabato sera di questa particolare manifestazione cicloturistica notturna
 
Camp Bike Team alla Randonnèe del Solstizio d’inverno per una nuova avventura per sfidare se stessi. Paolo Bianchi e Mariano Mazzacani saranno tra i 100 iscritti a questa manifestazione particolare che vuole ripercorrere le gesta del ciclismo epico. Il gruppo dei Bresciani che parteciperà sarà più ampio e comprenderà anche Fabio Stabile, Andrea Vicari, Paolo Mostarda e Riccardo Entrada. Il gruppo è parte dell’iniziativa Percorri la pace organizzato dalle Acli ogni anno per portare sulle strade di tutto il mondo un messaggio di pace. In questo caso i nostri pedaleranno nell’oscurità della notte più lunga lungo le strade gardesane rincorrendo i sogni e le proprie paure ma sempre coll’intento di far della testimonianza attiva. 
 
Per spiegare meglio di cosa si tratta abbiamo estratto il materiale dal sito ARI che spiega meglio lo spirito della manifestazione.
 
Spirito Rando
Randonnée: né forte né piano, ma sempre lontano.
La scoperta di un ciclismo diverso non esasperato dalla competizione, dalle classifiche, dalle griglie di partenza, ma non per questo meno impegnativo e severo. Dove chi ti sta a fianco non è l'avversario da battere ma il compagno di viaggio. Dove non conta in che posizione arrivi, ma l'arrivare. Dove i ristori te li inventi se non li trovi, Dove nessuno si arrabbia se non tiri, e magari ti offre la sua ruota per farti fare meno fatica. Dove ogni tanto o spesso alzi gli occhi dall'asfalto e guardi, e vedi, e capisci i luoghi e ne fai conoscenza...
 
Cos’è una Randonnée?
 
"È un’alternativa al turismo veloce che ti porta ovunque per scattare qualche foto e condividere le bellezze dei luoghi con i compagni di viaggio che pedalano alla tua stessa velocità." "È pedalare da solo o in gruppo percorrendo strade secondarie a basso traffico veicolare, dove la bicicletta è la vera REGINA della strada ed il ciclista il suo custode che vive i luoghi, i paesaggi, le culture ed il senso del viaggio." 
Chi vuole viaggiare e assaporare strade poco conosciute, prenda una bicicletta, faccia un buon allenamento (di gambe e di testa) e partecipi a una Randonnée. 
 
Il cicloturismo nasce in Italia alla fine del XIX secolo. Nel 1897 un gruppo di ciclisti partì da Roma per tentare di percorrere in giornata i 230 km che li separavano da Napoli, compiendo quella che storicamente viene considerata la prima escursione ciclistica a lungo raggio di un gruppo di persone: l’impresa, ritenuta davvero audace, dette origine all’uso di battezzare con il termine latino “AUDAX” la formula delle escursioni ciclistiche di gruppi capaci di percorrere 200 km tra l’alba e il tramonto. La disciplina del randonneurs è nata in Francia nel 1904, nell’ambiente delle Gran Fondo, ad opera di Henry Desgranges (che l’anno precedente aveva creato il Tour de France); la randonnée venne definita nelle sue regole dall'Audax Club Parisien, società fondata anch’essa nel 1904. Il Club, istituì nel 1921 i “Brevets Randonneurs Français”, consistenti in attestati rilasciati agli atleti che riuscivano a coprire le distanze previste dalle varie manifestazioni secondo le relative tabelle di marcia; nel 1976 i brevetti divennero “Brevets Randonneurs Europeens”, successivamente, nel 1983 “Brevets Randonneurs Mondiaux”. Anno dopo anno aumentarono le nazioni che aderivano a questa formula, ma, con grande stupore dei Francesi, l’Italia, la nazione ove si tenne la prima impresa Audax, mancava all’elenco.  
Questa lacuna venne colmata nel 1998 ad opera della S.C. Coop. Valpellice di Campiglione Fenile, società ciclistica nata nel 1993 ed ora purtroppo disciolta, ma che, nella sua breve esistenza, seppe riportare in Italia ciò che in Italia era nato poco più di cento anni prima, nel 1897. Così una piccola società di un piccolo paese ai piedi delle Alpi Cozie diede il proprio contributo alla Storia del Ciclismo del nostro Paese.
 
Da allora, questa disciplina ha saputo coinvolgere migliaia di appassionati su tutto il territorio nazionale, grazie ad uno spirito sportivo genuino che favorisce l'aggregazione spontanea fra i ciclisti senza l'assillo del cronometro. La manifestazione principe di questo movimento è la PARIGI-BREST-PARIGI che si svolge ogni quattro anni e raccoglie partecipanti provenienti da tutto il mondo. La scorsa edizione, tenutasi nel 2011, ha visto partire quasi 6000 ciclisti dei quali oltre due terzi hanno completato l’intero percorso di 1250 km entro il tempo massimo di 90 ore. Il più veloce ha impiegato meno di 50 ore! In Europa vengono disputate altre Super Randonnée fra queste ricordiamo la “1001Miglia” (1600 km) che si svolge in Italia, ed è considerata la più estrema del continente sia per la distanza che per l’altimetria.
 
Ma soprattutto il cicloturismo è un nuovo modo lento e dolce di conoscere valorizzandoli luoghi poco conosciuti. Confidiamo che anche in Italia e soprattutto nelle nostre aree, leggasi Vallesabbia e Valvestino si costruiscano modelli  in grado di incentivare questa forma emergente di turismo più rispettosa dei luoghi e delle persone.
 
La Randonnée del Solstizio d’inverno partirà questo sabato sera alle 20.30 dalla piazza Marchetti ad Arco di Trento.
Percorrerà il periplo del lago di Garda scendendo dalla sponda veronese fino a Peschiera e risalendo dalla parte bresciana fino a tornare ad Arco.
 
Il percorso si può vedere a questo link: www.openrunner.com/index.php?id=2972376 

lunedì 1 dicembre 2014

Progetto Civitas MIMOSA, l’Europa si impegna nella mobilità

I whitepaper del progetto europeo rappresentano una guida pratica e pronta all'uso per condividere le conoscenze già acquisite

Scritto da
Progetto Civitas MIMOSA, l'Europa si impegna nella mobilità_8
In tanti forse non hanno mai nemmeno sentito parlare del progetto Civitas MIMOSA, una collaborazione innovativa tra le città di Bologna, Funchal (Portogallo), Danzica (Polonia), Tallinn (Estonia), e Utrecht (Paesi Bassi) per “fare innovazione in mobilità e azioni sostenibili”. E l’acronimo MIMOSA, arriva in effetti proprio da questa definizione: “Making Innovation in MObility and Sustainable Actions”.
Progetto Civitas MIMOSA, l'Europa si impegna nella mobilità (2)
Le cinque città del progetto europeo hanno unito le forze per “imparare a muoversi meglio, per vivere in città migliori”, esplorando collettivamente nuovi approcci al trasporto sostenibile e trovando nuove soluzioni. Attraverso l’attuazione e la valutazione delle diverse attività, le città hanno lavorato con i loro cittadini verso un nuovo e innovativo concetto di mobilità urbana.
Le città di MIMOSA sono piuttosto diverse per caratteristiche sia geografiche che climatiche e culturali, essendo situate dal Baltico fino all’Atlantico. Sono state tuttavia legate da una attenzione particolare per i problemi del trasporto urbano e per una visione comune sulle possibili soluzioni. Le priorità delle città del progetto MIMOSA sono state “migliorare la qualità della vita e stimolare stili di vita più sani, migliorare le condizioni ambientali, ridurre la congestione, aumentare l’efficienza energetica e la sicurezza”. Tutto questo senza compromettere, ma migliorando idealmente la mobilità dei cittadini.
Foto: www.civitas.eu
Immagine da www.civitas.eu

I whitepaper del progetto sono un utilissimo strumento di studio e di analisi sul problema della mobilità sostenibile, e sono stati pubblicati anche in inglese sul sito del progetto.
Li ripropongo perché sono un valido stato dell’arte per chi in città diverse si volesse cimentare in progetti analoghi.
Purtroppo spesso nei progetti europei si fanno tante attività e si producono relazioni e progetti che servono realmente ai paesi partecipanti, che prendono cioè parte attiva al progetto e agli eventi correlati, avendo modo di vedere e parlare con i responsabili di progetto e di toccare con mano (non sempre in quanto spesso i progetti sono “cartacei” o solo digitali) le realizzazioni, valutandone dal vivo potenzialità e criticità, ma che non vedono poi una diffusione adeguata all’esterno di questo gruppo ristretto.
By Vitold Muratov (Own work) [CC-BY-SA-3.0 (http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)], via Wikimedia Commons
By Vitold Muratov (Own work) [CC-BY-SA-3.0 (http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)], via Wikimedia Commons

Per anni ho preso parte a progetti europei e purtroppo ho sempre visto incrementare la burocrazia e ridurre gli incontri operativi, anche ovviamente per i costi crescenti di trasferta e per le sempre migliori opportunità di incontri virtuali.
Spesso però si perde il contatto reale con i cittadini, che invece vivono il progetto, e con le amministrazioni, che lo gestiscono, e questa è una reale perdita di valore.
Per esempio il car sharing è nato a Bologna come best practice della città di Brema nel 2000 e solo grazie alla loro esperienza è partito, in dimensioni molto piccole (nove auto e cento clienti), ma con il supporto dei colleghi tedeschi si sono raggiunti in breve i mille clienti.
"2006 fietsenstalling Delft". Con licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 tramite Wikimedia Commons
“2006 fietsenstalling Delft” – licenza Creative Commons – Attribution-Share Alike 3.0 tramite Wikimedia Commons

Essendosi purtroppo ridotti gli spazi per simili esperienze ed avendo avuto decine di contatti con imprenditori e amministratori interessati alla mobilità nell’ottica del progetto, ho scritto i whitepaper (tradotti in inglese da professionisti) anche per chi intende avviare progetti e riutilizzare le esperienze condivise nel progetto.
Dal sito di Mobility Management, riporto alcuni di questi whitepaper, su alcuni dei temi principali della mobility:

- gestione delle flotte
- car sharing
- glossario dei principali termini

Credo possa essere interessante conoscere il progetto  gestione flottecar sharing soprattutto nella direzione richiesta dallo spirito dei progetti europei, ossia la massima condivisione delle esperienze.
I whitepaper comprendono anche la gestione flotte, molto vicina al car sharing, ma non contemplano il car pooling, che non era oggetto neanche marginale del progetto.
Nel progetto Civitas MIMOSA era stato presentato anche un progetto operativo più specifico sulla prenotazione dei parcheggi, che riporto solo per completezza.

SERGE LATOUCHE Il guru della decrescita: «La crisi? Può far bene»


Serge Latouche, economista, teorico della decrescita: oggi tiene una conferenza pubblica all'università
Serge Latouche, economista, teorico della decrescita: oggi tiene una conferenza pubblica all'università
Serge Latouche arriva da Parigi, in treno, di notte. Sulla lunga distanza preferisce la rotaia all'aereo, «troppo inquinante»; per i percorsi medio-brevi usa sempre la bicicletta perché, spiega, «è bello. Mentre pedalo, incontro persone, parlo, imparo. Come diceva il mio maestro, Ivan Illich, la bici è il simbolo di una vita a bassa energia e ad alta comunicazione». Però combinare un'intervista con il più celebre teorico della decrescita (alcuni lo chiamano guru o addirittura profeta) non è semplicissimo. Nell'epoca dello smartphone, Latouche pratica il tecnodigiuno. Non possiede cellulare né indirizzo e-mail. Lo raggiungiamo quindi per interposta persona, come si faceva una volta, attraverso il suo amico e ospite bresciano Marino Ruzzenenti, storico dell'industria e dell'ambiente.

Professor Latouche, certo è raro trovare qualcuno senza cellulare: perché?
Sono uno degli ultimi rimasti. Eppure si sta tanto meglio senza i cellulari! Potrei dire che fanno male, o che dietro a ogni cellulare c´è il sangue delle guerre fomentate dall'Occidente in Paesi come il Congo. Invece dico solo che senza telefonini si vive meglio. L'ansia cala, non hai più il Grande Fratello che ti segue dappertutto. Lo puoi capire anche senza sapere nulla di economia.

Lei vive anche senza automobile né tv. Non le sembra di esagerare?
Per niente: questo non è ascetismo, è benessere. La televisione potrebbe essere divertente, ma è lo strumento principale per la colonizzazione della nostra mente da parte dell'oligarchia economica. La pubblicità ossessiva ci induce tanti bisogni non necessari. Dobbiamo disintossicarci da questa droga per riprendere a vivere. Io, per esempio, adoro ascoltare buona musica, soprattutto la classica.

Ma lei sa che la parola decrescita, alla base del suo pensiero, fa paura? Soprattutto a chi, causa crisi, si trova a rinunciare per necessità e non per scelta.
La parola decrescita può spaventare solo chi non sa di cosa si tratta. È uno slogan provocatorio per far riflettere le persone. Io la chiamo anche prosperità senza crescita, o abbondanza frugale. È assurdo ostinarsi a rincorrere una crescita economica illimitata su un pianeta con risorse limitate. Lo sviluppo, ha detto Gilbert Rist, è una stella morta: se ne vede ancora la luce, ma si è spenta da tempo. La crescita è finita e non riprenderà più. L'Occidente finora si è comportato come il figliol prodigo della parabola evangelica: è vissuto non solo sul reddito, ma ha intaccato il patrimonio. Nel nord del mondo si consuma ogni anno il petrolio che si è accumulato nella Terra in 100mila anni. Rappresentiamo solo il 20 per cento della popolazione mondiale e consumiamo oltre l'80 per cento delle risorse. Se tutta l'umanità assumesse il tenore di vita degli Stati Uniti, dovremmo avere a disposizione cinque pianeti. L'Andalusia mangia pomodori olandesi e l'Olanda mangia pomodori andalusi. Sa come Illich definiva tutto questo? Assurdistan: è il Paese dove viviamo. Per soddisfare bisogni non necessari, abbiamo sacrificato i nostri figli e le generazioni future. La società dei consumi non è più sostenibile né auspicabile.

Ma il treno della crescita è in corsa da qualche secolo: dall'Illuminismo in poi, l'imperativo è sempre stato il progresso. Ci aspetta dunque un futuro da incubo?
L'incubo è il presente! Soprattutto per i più deboli. I nostri governi stanno tentando di prolungare una società di crescita in assenza della crescita. Ciò si traduce in disoccupazione, mancanza di risorse economiche per finanziare lo Stato sociale, l'assistenza sanitaria, l'istruzione pubblica… Tutte voci che i governi si trovano a dover tagliare, mettendo in sofferenza il popolo, mentre gli imprenditori si suicidano, in Italia come altrove. Secondo Adam Smith, un po' della ricchezza dei benestanti sarebbe arrivata ai più poveri per effetto di «sgocciolamento». Non è stato così. Piuttosto, siamo scivolati nella guerra di tutti contro tutti teorizzata da Hobbes. Bisogna cambiare, rinnegando il totalitarismo produttivista.

Eppure, i Paesi emergenti con Pil da capogiro non hanno concepito un diverso modello economico, anzi, hanno copiato il nostro. Perché?
Abbiamo fatto di tutto per trasmettere loro il virus della crescita a ogni costo. Perfino la Cina, che non ne voleva sapere del capitalismo, è stata infettata attraverso due guerre dell'oppio. E oggi si ritrova con il dramma dei mingong: milioni di migranti che lasciano le campagne, dove la vita è impossibile, per ammassarsi nelle inquinatissime periferie urbane e costruire il miracolo cinese in condizioni inumane, spesso finendo per suicidarsi. Ma ora anche la Cina si accorge di essere nei guai, obbligata a sospendere il lavoro nelle fabbriche perché, nelle metropoli come Pechino, lo smog ha raggiunto livelli mostruosi.

Spiegata la pars destruens; qual è la construens?
Bisogna costruire quella che io chiamo la società dell'abbondanza frugale. Una società, cioè, che ripudi la vecchia fede secondo cui il «di più» è uguale a meglio, il produttivismo e il consumismo sfrenati, l'esagerato spostamento di merci e di persone, l'enorme creazione di inquinamento e di rifiuti. Si produce ciò di cui si ha bisogno, e questa autolimitazione serena si chiama frugalità. Che non significa riduzione del benessere.

E come si attua?
Attraverso il programma delle otto R proposto al forum delle Ong di Rio: rivalutare, ricontestualizzare, ristrutturare, rilocalizzare, ridistribuire, ridurre, riutilizzare, riciclare. Si tratta di recuperare il senso del limite. Nel 2007, Sarkozy si fece eleggere presidente della Francia con questo mantra: «Lavorare di più per guadagnare di più». Una stupidità totale! Com'è stupido che l'Unione Europea chieda agli Stati membri di spostare in avanti l'età della pensione. Il risultato sono milioni di lavoratori che lavorano sempre di più per stipendi sempre più bassi, si stressano, impazziscono, si suicidano, e altri milioni di persone che invece non lavorano affatto. Lavorare meno per lavorare tutti è una delle misure per risolvere la disoccupazione. Ma non è l'unica.

Fra le altre, lei suggerisce il protezionismo. In Francia lo dice anche il Front National di Marine Le Pen: estrema destra…...
Lo so. C'è una parte insopportabile di ciò che dicono, ma non tutto è sbagliato. Come si può competere con la Cina? È una barzelletta. Perciò dobbiamo essere protezionisti in modo intelligente: un protezionismo sociale per permettere a tutti di lavorare, un protezionismo ecologico per salvare il pianeta, un protezionismo anche fiscale.

Ed esiste un Paese che ha imboccato la via giusta?
Molto interessante è l'esperimento intrapreso da Bolivia ed Ecuador, che hanno rifiutato il modello di sviluppo occidentale e introdotto nella Costituzione il principio del «bien vivir». Certamente non sarà facile per loro realizzare questo progetto, ma almeno c'è la volontà.

Il «ben vivere», insomma la felicità. Anche nella Dichiarazione d'indipendenza degli Stati Uniti c'è il diritto alla felicità, ma ha portato a tutt'altro risultato. Bisogna intendersi sul concetto: cos'è la felicità?
Il think tank britannico New Economics Foundation ha misurato l'Happy planet index, l'indice di felicità in ogni Paese. È emerso che i Paesi con il Pil più alto, come gli Stati Uniti, sono in fondo alla classifica. E sa chi c'è al primo posto? Nel 2006 il Vanuatu, nel 2012 la Costa Rica. Ecco il segreto. La felicità non deriva dalla potenziale soddisfazione di qualsiasi desiderio.
Lorenza Costantino